Il Decreto Salvini @ 26 Sep 2018

Sempre più arduo il percorso di integrazione per i richiedenti asilo


Con il decreto Salvini diventa precaria


la condizione "legale" dell'immigrato


Pesanti discriminazioni previste anche per "gli aventi diritto"


La spada di Damocle delle scadenze annuali dei permessi

 

 di GIOVANNI DOMASCHIO


Passato all’unanimità nell’ultimo consiglio dei ministri, il cosiddetto “decreto Salvini” è oggetto di analisi e discussione in ogni spazio dei media italiani: dalla bacheca Facebook del segretario leghista stesso alla prima pagina dei principali quotidiani nazionali all’alba di martedì 25 settembre. Le ragioni e gli obiettivi da cui nasce il decreto sono chiari: una gestione interna del fenomeno migratorio che sia più in linea con i principi e le promesse della Lega e soprattutto un tentativo (la pretesa dichiarata) di garantire ai cittadini maggiori tutele in termini di sicurezza.


“Sicurezza”, infatti, sembra essere la parola magica utilizzata dal vicepremier lombardo ogni qualvolta si tratti il tema della gestione dei richiedenti asilo, dei rifugiati o dei migranti economici, quasi fossero candelotti di dinamite pronti ad esplodere. Al di là della retorica, tuttavia, quali saranno gli effetti pratici di questo decreto una volta che entrerà in vigore? Ovviamente gli aspetti che cambieranno saranno molteplici: dalla protezione umanitaria si passerà a permessi di soggiorno temporanei, tenendo perennemente una spada di Damocle sopra la testa di chi ne richiederà uno: sarà necessario, infatti, effettuarne il rinnovo ogni anno, col concreto rischio di vederselo negato. Altro aspetto sarà la scomparsa dei centri SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), almeno così come sono oggi concepiti. Tali centri, infatti, hanno rappresentato per anni e ancora rappresentano un modello di integrazione efficace e dalle molteplici sfaccettature: tramite l’opera degli SPRAR, ogni immigrato che voglia integrarsi in Italia può imparare la lingua, ottenere supporto psicologico o aiuto per lo svolgimento di svariate pratiche burocratiche, accedere a corsi di formazione oppure trovare opportunità lavorative. Il decreto cambia il ruolo dei centri SPRAR, riducendo all’osso le categorie che hanno diritto ad usufruirne: potranno beneficiarne, infatti, solo rifugiati e minorenni, tagliando fuori così richiedenti asilo e altre tipologie di immigrati. Il decreto, insomma, è stato propagandato come vessillo di rinnovata sicurezza, ma mira a ottenere tale sicurezza con quello che sembra un vero e proprio piano di dis-integrazione degli immigrati: permessi a scadenza, che dunque rischiano continuamente di spedire nell’illegalità chi già ha tentato la via dell’integrazione, ed in più l’estromissione di una larga fetta di migranti da quello che è uno dei modelli più virtuosi di gestione del fenomeno migratorio in Italia e in Europa.


Le misure che il decreto prevede possono sicuramente fungere, in minima parte, da deterrente per quanto riguarda futuri nuovi arrivi e potrebbero permettere di effettuare alcune espulsioni in futuro, ma potrebbero avere allo stesso tempo l’effetto di generare una massa crescente di stranieri non integrati (poiché sprovvisti di mezzi e possibilità per tale integrazione) e sull’orlo costante della clandestinità. Il nuovo sistema sembra una trappola di clandestinità: uno dei criteri valutati per la concessione dei permessi di soggiorno è, ovviamente, l’integrazione, che è al contempo garantita tramite i nuovi centri SPRAR solo a chi ha già un permesso per motivi umanitari.


Dunque ecco il vero assurdo: la Lega, con questo decreto, potrebbe aver intrapreso il primo passo verso un sensibile incremento dei clandestini in Italia. Lo stesso fenomeno contro il quale il Carroccio non risparmia slogan e infinita retorica.


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